*il Cinema del Giovedi al Csa Intifada*
film e food
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Giovedi 19 Aprile
otrobar aperto prima e dopo la proiezione
dalle 20.00 osteria otro mundo
*BAR SPORT*
Un film di Massimo Martelli. Con Claudio Bisio, Giuseppe Battiston, Antonio Catania, Angela Finocchiaro, Lunetta Savino. Commedia, durata 93 min. – Italia 2011.
1976. In un piccolo paese di provincia vicino Bologna viene
inaugurato il Bar Sport. Il gestore, detto Onassis per la sua
tirchieria, condivide per l’occasione un paio di bottiglie di lambrusco e
qualche pastarella con i vecchi amici del luogo e con il nuovo arrivato
Eros, un tuttologo chiacchierone, mentre il povero Bovinelli cerca
invano di accendere l’insegna del locale. Dai gelati estivi alla riffa
natalizia, l’umanità che popola il Bar Sport si ritrova assieme giorno
dopo giorno, fra chiacchiere amene e battute salaci, partite a carte e
tornei di boccette, trasferte fuori rotta e aneddoti mitologici. Un anno
trascorso in compagnia dello scontroso Muzzi e dell’ingenuo Cocosecco,
della procace cassiera Clara e del pedante geometra Buzzi, di un
giovanissimo ciclista spericolato e di un nonno dalla tosse catarrosa,
di un playboy fanfarone e di due vecchie signore dabbene con volpe al
collo anche in piena estate. E della Luisona, la decana delle paste: una
bomba di crema pasticcera mai consumata e conservata sotto teca da
decadi come un’opera d’arte.
L’antropologia da bar è una delle espressioni più significative dell’italica commedia umana. Sempre uguale eppure sempre incredibilmente diversa, la popolazione dei caffè italiani possiede quel fascino meravigliosamente quotidiano che, attraverso personaggi, situazioni e dialoghi facilmente riconoscibili, regala un’ampia visuale del costume nazional-popolare. Su questo luogo “comune”, socio-culturale prima ancora che fisico-commerciale, Stefano Benni è riuscito a costruire un fantasioso compendio narrativo che, dagli anni Settanta in cui è stato scritto, rappresenta degnamente ancora oggi il più tipico bestiario da bar.
L’impresa di fare della sua struttura rapsodica e frammentata il soggetto per un film si misura, ancor più che in un qualunque adattamento da romanzo, con la necessità di utilizzare un registro virtuoso e iperbolico, capace di creare caricature realistiche ed evocare un susseguirsi di situazioni assieme paradossali e ordinarie. Il Bar Sport di Massimo Martelli riprende spesso alla lettera il trattatello comico di Benni, cercando dove può di sopperire all’immaginazione e al potere della trasfigurazione linguistica col supporto di effetti speciali e di brevi sequenze animate.
Bisio, Battiston & co. portano avanti il ruolo che ognuno tiene naturalmente dentro di sé: Bisio è il tuttologo affabulatore, Battiston il timido imbranato, Catania il misantropo brontolone, Cornacchione il dissacratore fulminato, e via dicendo; ognuno adattato dentro a dei pantaloni a zampa e delle camicie a fiori per dare una patina vintage a un’atmosfera che ricorda troppo da vicino una rimpatriata fra comici di Zelig.
In questo modo, anziché immaginarsi, alla stregua del “tennico” di Benni, una zuffa allo stesso tavolo fra Zavattini e Calvino o una partita a tressette tra Fellini e i Monty Python, il Bar Sport per immagini si risolve in un cabaret leggero che mette purtroppo in evidenza anziché smussare lo schematismo del trattato di antropologia surreale che ne sta alla base. E, soprattutto, perde la miglior qualità del testo di Benni, ovvero l’universalità, trasformando i suoi caratteri in caratteristi. E facendoli quindi uscire da una sorta di limbo al di sopra del tempo per collocarli dentro alla comicità televisiva degli anni Duemila, dove vezzi e battute non sono come la “Luisona” e portano una data di scadenza.
L’antropologia da bar è una delle espressioni più significative dell’italica commedia umana. Sempre uguale eppure sempre incredibilmente diversa, la popolazione dei caffè italiani possiede quel fascino meravigliosamente quotidiano che, attraverso personaggi, situazioni e dialoghi facilmente riconoscibili, regala un’ampia visuale del costume nazional-popolare. Su questo luogo “comune”, socio-culturale prima ancora che fisico-commerciale, Stefano Benni è riuscito a costruire un fantasioso compendio narrativo che, dagli anni Settanta in cui è stato scritto, rappresenta degnamente ancora oggi il più tipico bestiario da bar.
L’impresa di fare della sua struttura rapsodica e frammentata il soggetto per un film si misura, ancor più che in un qualunque adattamento da romanzo, con la necessità di utilizzare un registro virtuoso e iperbolico, capace di creare caricature realistiche ed evocare un susseguirsi di situazioni assieme paradossali e ordinarie. Il Bar Sport di Massimo Martelli riprende spesso alla lettera il trattatello comico di Benni, cercando dove può di sopperire all’immaginazione e al potere della trasfigurazione linguistica col supporto di effetti speciali e di brevi sequenze animate.
Bisio, Battiston & co. portano avanti il ruolo che ognuno tiene naturalmente dentro di sé: Bisio è il tuttologo affabulatore, Battiston il timido imbranato, Catania il misantropo brontolone, Cornacchione il dissacratore fulminato, e via dicendo; ognuno adattato dentro a dei pantaloni a zampa e delle camicie a fiori per dare una patina vintage a un’atmosfera che ricorda troppo da vicino una rimpatriata fra comici di Zelig.
In questo modo, anziché immaginarsi, alla stregua del “tennico” di Benni, una zuffa allo stesso tavolo fra Zavattini e Calvino o una partita a tressette tra Fellini e i Monty Python, il Bar Sport per immagini si risolve in un cabaret leggero che mette purtroppo in evidenza anziché smussare lo schematismo del trattato di antropologia surreale che ne sta alla base. E, soprattutto, perde la miglior qualità del testo di Benni, ovvero l’universalità, trasformando i suoi caratteri in caratteristi. E facendoli quindi uscire da una sorta di limbo al di sopra del tempo per collocarli dentro alla comicità televisiva degli anni Duemila, dove vezzi e battute non sono come la “Luisona” e portano una data di scadenza.
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